意语阅读:《海上钢琴师》剧本(25)

全国等级考试资料网 2019-01-22 16:09:59 66


E intanto lui là, fermo, con un piede sul secondo gradino e uno sul terzo. Se ne rimase così per un tempo eterno. Guardava davanti a sé, sembrava che cercasse qualcosa. E alla fine fece una cosa strana. Si tolse il cappello, allungò la mano oltre il mancorrente della scaletta e lo lasciò cadere giù. Sembrava un uccello stanco, o una frittata blu, con le ali. Fece un paio di curve nell’aria e cadde in mare. Galleggiava. Evidentemente era un uccello, non una frittata. Quando rialzammo gli occhi verso la scaletta, vedemmo Novecento, nel suo cappotto cammello, nel mio cappotto cammello, che risaliva quei due gradini, con le spalle al mondo e uno strano sorriso in faccia. Due passi, e sparì dentro la nave.

"Hai visto?, è arrivato il nuovo pianista," disse Neil O’Connor.

"Dicono che sia il più grande," dissi io. E non sapevo se ero triste o felice da pazzi.

Cosa aveva visto, da quel maledetto terzo gradino, non me lo volle dire. Quel giorno e poi per i due viaggi che facemmo dopo, Novecento rimase un po’ strano, parlava meno del solito, e sembrava molto occupato in qualche sua faccenda personale. Noi non facevamo domande. Lui faceva finta di niente. Si vedeva che non era proprio tutto normale, ma comunque non ci andava di chiedergli qualcosa. Andò così per qualche mese. Poi un giorno Novecento entrò nella mia cabina e lentamente ma tutto di fila, senza fermarsi, mi disse: "Grazie per il cappotto, mi andava da dio, è stato un peccato, avrei fatto un figurone, ma adesso va tutto molto meglio, è passata, non devi pensare che io sia infelice: non lo sarò mai più".

Per me, non ero nemmeno sicuro che lo fosse mai stato, infelice. Non era una di quelle persone di cui ti chiedi chissà se è felice quello. Lui era Novecento, e basta. Non ti veniva da pensare che c’entrasse qualcosa con la felicità, o col dolore. Sembrava al di là di tutto, sembrava intoccabile. Lui e la sua musica: il resto, non contava.

"Non devi pensare che io sia infelice: non lo sarò mai più." Mi lasciò secco, quella frase. Aveva la faccia di uno che non scherzava, quando la disse. Uno che sapeva benissimo dove stava andando. E che ci sarebbe arrivato. Era come quando si sedeva al pianoforte e attaccava a suonare, non c’erano dubbi nelle sue mani, e i tasti sembravano aspettare quelle note da sempre, sembravano finiti lì per loro, e solo per loro. Sembrava che inventasse lì per lì: ma da qualche parte, nella sua testa, quelle note erano scritte da sempre.

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