"L’Interpol" pensò Langdon. "Naturalmente." Si era dimenticato che la richiesta, in apparenza innocua, di tutti gli hotel europei di vedere il passa-porto quando ci si registrava per una camera non era solo una stramba formalità del Vecchio Continente, ma era un obbligo di legge. Ogni notte, in tutta l’Europa, i funzionari dell’Interpol potevano individuare con esat-tezza chi dormisse in ciascun albergo. Trovare Langdon al Ritz non dove-va avere richiesto più di cinque secondi. Mentre la Citro?n accelerava verso sud, comparve la sagoma illuminata della Torre Eiffel, che in lontananza, a destra, svettava verso il cielo scuro della notte. Nel vederla, a Langdon tornò alla mente Vittoria e la scherzosa promessa che si erano scambiati un anno prima, di incontrarsi ogni sei me-si in qualcuno dei punti più romantici del mondo. La Torre Eiffel, pensava Langdon, sarebbe potuta benissimo entrare nell’elenco ma, purtroppo, ave-va baciato per l’ultima volta Vittoria in un rumoroso aeroporto di Roma, più di un anno addietro.
?L’ha mai montata?? chiese il poliziotto.
Colto di sorpresa, Langdon si augurò di avere capito male. ?Scusi??
?è bella, vero?? soggiunse il poliziotto, indicando la Torre Eiffel. ?C’è già montato??
?No, non sono mai salito sulla torre.?
?è il simbolo della Francia. Secondo me è perfetta.?
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